sabato 6 aprile 2013

Con la testa fra le nuvole, 2° capitolo

Eccomi a voi con il secondo capitolo del mio racconto.
Vi leggerete delle prime peripezie e dei primi mesi a Roma.
Buon divertimento!



Con la testa fra le nuvole

Capitolo secondo

Tutto è cominciato circa cinque anni fa, quando, in un momento di confusione universitaria, inviai il mio curriculum vitae alla mia attuale compagnia,
nella speranza di essere presa in considerazione nonostante la mia completa inesperienza nel settore.
Fu con mia grande felicità che ricevetti l’invito a presentarmi ad una prima selezione a Roma.
Ricordo che ci presentammo in tantissime, tutte piene di entusiasmo e aspettative.
Quando si pensa ad una hostess ci si figura  una bella ragazza snella, sorridente e soprattutto alta…
Fu questo che mi colpì sul momento: nessuna delle ragazze presenti era particolarmente alta, anzi, tutte noi oscillavamo intorno al limite minimo di altezza richiesta.
Bene…era la rivincita delle “fiaschette da wiskey” (botti piccole non mi piace proprio!!), ma mi sembrò comunque strano.
A questo primo incontro ne seguì un secondo e così via fino ad arrivare a partecipare al corso di formazione per assistenti di volo.
Delle molte ragazze solo in dieci arrivammo alla fine e fu per noi motivo di grande soddisfazione!
Il corso prevedeva un periodo di teoria da svolgersi in aula e un periodo di pratica consistente in cento ore di volo.
In aula, studiavamo le parti tecniche di un aeromobile, le strumentazioni di volo, gli equipaggiamenti e le procedure di emergenza; in volo, prendevamo confidenza con gli aerei e mettevamo in pratica quello che imparavamo in aula.
Naturalmente, chi di noi non era di Roma, dovette trovare una sistemazione provvisoria: io dividevo una stanza con una ragazza siciliana, Monica, molto seria e carina che è tutt’ora una  splendida amica.
Fin qua nulla di strano, se non fosse per il fatto che questa stanza ci era affittata dalle suore di un piccolo convento vicino a Piazza S. Maria Maggiore.
Siamo passate alla storia fra i nostri colleghi, che non riuscivano a conciliare l’idea dell’austera vita religiosa con l’immagine dinamica e leggera della hostess.
Ma i nostri problemi erano ben altri e di tipo logistico.
Purtroppo avevamo orari obbligati di uscita e rientro e ciò interferiva non poco con la nostra attività di volo.
Durante il periodo di familiarizzazione in volo non era previsto rimanere fuori a dormire seguendo l’equipaggio in albergo.
Eppure, eccezionalmente, una volta venne concesso a me e Monica di farlo: proprio per la ragione sopracitata,  una sera rimanemmo a Milano invece che tornare a Roma.
L’albergo era uno di quelli convenzionati con la nostra compagnia; centro città, elegante, sicuramente l’albergo più bello in cui fossimo entrate fino ad allora.
Con un misto di eccitazione e disagio, per il favore concessoci, ci presentammo alla reception: ci aspettavano e molto gentilmente ci diedero le chiavi delle nostre camere.
…Camere?!…Due camere?!... Ma erano proprio sicuri che fossero state prenotate due camere?
Monica ed io eravamo molto perplesse…non potevamo credere che oltre il piacere di farci pernottare fuori, ci avessero anche accordato il lusso di camere separate. Eravamo sicure ci fosse stato un errore e nell’indecisione telefonammo al nostro capo settore.
Adesso mi viene da sorridere pensando a quanto fossimo ingenue e certamente sorrise il nostro superiore che, prendendoci un po’ in giro, rispose:
“Da noi, Signorine, le cose si fanno in grande o non si fanno affatto!”
E non è finita qui…prendemmo l’ascensore tutte contente, arrivammo davanti alle reciproche camere, ci demmo la buonanotte e due secondi dopo essere entrate riuscimmo in corridoio esclamando:
“Hai visto che sul televisore c’è il nostro nome con l’augurio di benvenuto dell’albergo?!” Avevamo una camera personalizzata!
Quanti ne avrei visti di quei Benvenuto in seguito, ma allora tutto mi sembrava nuovo e sorprendente!
Tornando ora alla nostra sistemazione ordinaria, devo ricordare che quello era l’anno del Giubileo ed il pensiero e le attenzioni delle nostre suorine erano tutti rivolti alla cura dei devoti pellegrini.
Furono tempi duri: dovevamo lottare perché non ci presentassero nel piatto gli avanzi del giorno prima, debitamente mascherati, ma ancora riconoscibili all’occhio esperto!
Persino una suora straniera, ospite del convento, si lasciò sfuggire una sera il seguente commento: 
“Se questa è carità cristiana…!” 
Non tutto il male viene per nuocere e nella serenità del convento riuscimmo a rimanere concentrate  sullo studio, superando con successo l’esame finale e conseguendo il brevetto di Assistenti di volo presso il Ministero dei Trasporti.
Quella sera trasgredimmo alle severe regole del convento e festeggiammo tutti insieme l’inizio di una nuova avventura!


Naturalmente Monica ed io dovemmo trovare una nuova sistemazione. Ora che avevamo un vero contratto necessitavamo di una vera casa.
La ricerca era iniziata già qualche tempo addietro ma con scarsi risultati. Ogni giorno acquistavamo riviste di annunci e, cartina di Roma alla mano, vagliavamo tutte le possibili locazioni.
Dovevamo cercare qualcosa di sufficientemente grande per due, ma non troppo costoso perché non sapevamo ancora quanto avremmo potuto guadagnare; doveva essere una casa lungo la linea che collega Roma all’aeroporto perché non avevamo la macchina e allo stesso tempo un posto sicuro perché, tornando da sole, non volevamo incorrere in qualche pericolo; dovevamo vincere la diffidenza delle persone perché, strano a dirsi, in una città come Roma, c’è ancora posto per i pregiudizi.
Infine dovevamo trovare qualcosa di dignitoso perché quello che veniva offerto, e credo che molti ragazzi possano testimoniarlo, erano abitazioni squallide e vecchie, per nulla ospitali anche in vista di una breve permanenza…a meno di non spendere uno sproposito di affitto.
Avevamo un po’ perso le speranze quando una collega ci parlò di una Signora che l’aveva aiutata a  trovare casa nella zona di Ostia.
Non era quello che sognavamo…ci sarebbe piaciuto rimanere in centro, ma prese alle strette chiedemmo il suo aiuto.
In effetti questa Signora ci mostrò una bella casa, abbastanza grande, vicina alla fermata dell’autobus per Fiumicino e vicina alla via principale di Ostia. Vista e presa, organizzammo il trasferimento  stabilendone la data. Eravamo soddisfatte.
Proprio quel giorno, una volta caricate le valigie sulla macchina, ci colpì un fulmine a ciel sereno: la nostra casa non era più disponibile e la Signora ci aveva arrangiato una nuova sistemazione.
Ci portò in una casa al pian terreno, in una zona ben diversa dalla precedente. Camera da letto, salottino, cucinotto e minuscolo bagno, senza riscaldamento né lavabiancheria, un odore di umido spaventoso e un aspetto per nulla edificante.
Che delusione! Che rabbia! Ma cosa potevamo fare? Ormai eravamo lì con tutta la nostra roba e due giorni dopo avremmo cominciato a lavorare. Non ci rimaneva che trattare sul prezzo e farci comprare due stufe per riscaldare l’ambiente…su quello non si transigeva!
Scoprimmo nel tempo che la casa aveva tubature molto vecchie, bisognose di continue iniezioni di liquidi sturanti e che, essendo al piano terra, non eravamo le uniche ospiti della casa, ma ricevevamo visite, quanto mai dispiacenti, da quel piccolo popolo di insetti neri chiamati scarafaggi!
 

Ogni volta che partivamo spargevamo polvere in ogni fessura, ogni angolo e quando rientravamo, contavamo i caduti. Sempre troppi per i nostri gusti!
Qualcuno dice che gli scarafaggi si muovono solo nel buio…e noi avevamo preso a dormire con la luce accesa finché una sera, mentre eravamo tranquille alla televisione, ce ne vedemmo passare uno proprio sotto il naso!
Monica poi mi aveva raccontato di certi scarafaggi volanti che avevano cominciato ad infestare anche i miei sogni!
Che periodo…eppure, nonostante tutto, lo ricordo con piacere.
Ricordo i nostri tentativi di abbellire quel nido disadorno: cuscini colorati, copri divano (che se non rammento male era semplicemente una brandina), poster alle pareti, candele profumate e le nostre serate semplici davanti al programma di Bonolis “Ciao Darwin”, che ci ha allietato tanti sabato sera. Non conoscevamo nessuno per cui, a parte le passeggiate diurne alla scoperta di Roma, la nostra vita sociale era limitatissima. 
Eravamo io e lei, due ragazze che stavano imparando a conoscersi ed accettare le proprie diversità,  diventando amiche e  facendosi molta compagnia.
Monica ha sempre detto che il nostro era l’incontro fra una sfera ed un cubo (lei) e che non c’erano abbastanza cuscinetti per poterlo bilanciare. Come non darle torto!
Lei è precisissima nelle sue cose, metodica e organizzatrice. Io vivo giorno per giorno, senza schemi.
Il primo Natale passato insieme abbiamo persino litigato per l’addobbo dell’albero, rischiando di non averlo affatto! Ma come tutte le vere amiche, poi ci siamo venute incontro e lo spirito natalizio si è fatto posto nel nostro salotto.
Io rientravo dal lavoro il 24 Dicembre, lei partiva proprio quel giorno ma mi lasciò tutto apparecchiato con un bel biglietto di auguri così che mi sentissi un po’ meno sola anche se lontana dai miei cari. Un pensiero molto affettuoso e molto apprezzato…
Per fortuna non tutte le case dove abbiamo vissuto da stagionali sono state della stessa risma, ma appena mi e’ stato possibile, ho cominciato a lavorare facendo la pendolare da casa mia, in Toscana, con maggior fatica, certamente, ma anche con maggior soddisfazione.








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