Vi leggerete delle prime peripezie e dei primi mesi a Roma.
Buon divertimento!
Con la testa fra le nuvole
Capitolo secondo
Tutto
è cominciato circa cinque anni fa, quando, in un momento di confusione
universitaria, inviai il mio curriculum vitae alla mia attuale compagnia,
nella
speranza di essere presa in considerazione nonostante la mia completa
inesperienza nel settore.
Fu
con mia grande felicità che ricevetti l’invito a presentarmi ad una prima
selezione a Roma.
Ricordo
che ci presentammo in tantissime, tutte piene di entusiasmo e aspettative.
Quando
si pensa ad una hostess ci si figura una
bella ragazza snella, sorridente e soprattutto alta…
Fu
questo che mi colpì sul momento: nessuna delle ragazze presenti era
particolarmente alta, anzi, tutte noi oscillavamo intorno al limite minimo di
altezza richiesta.
Bene…era
la rivincita delle “fiaschette da wiskey” (botti piccole non mi piace
proprio!!), ma mi sembrò comunque strano.
A
questo primo incontro ne seguì un secondo e così via fino ad arrivare a
partecipare al corso di formazione per assistenti di volo.
Delle
molte ragazze solo in dieci arrivammo alla fine e fu per noi motivo di grande
soddisfazione!
Il
corso prevedeva un periodo di teoria da svolgersi in aula e un periodo di
pratica consistente in cento ore di volo.
In
aula, studiavamo le parti tecniche di un aeromobile, le strumentazioni di volo,
gli equipaggiamenti e le procedure di emergenza; in volo, prendevamo confidenza
con gli aerei e mettevamo in pratica quello che imparavamo in aula.
Naturalmente,
chi di noi non era di Roma, dovette trovare una sistemazione provvisoria: io
dividevo una stanza con una ragazza siciliana, Monica, molto seria e carina che
è tutt’ora una splendida amica.
Fin
qua nulla di strano, se non fosse per il fatto che questa stanza ci era
affittata dalle suore di un piccolo convento vicino a Piazza S. Maria Maggiore.
Siamo
passate alla storia fra i nostri colleghi, che non riuscivano a conciliare
l’idea dell’austera vita religiosa con l’immagine dinamica e leggera della
hostess.
Ma
i nostri problemi erano ben altri e di tipo logistico.
Purtroppo
avevamo orari obbligati di uscita e rientro e ciò interferiva non poco con la
nostra attività di volo.
Durante
il periodo di familiarizzazione in volo non era previsto rimanere fuori a
dormire seguendo l’equipaggio in albergo.
Eppure, eccezionalmente, una volta venne concesso a me
e Monica di farlo: proprio per la ragione sopracitata, una sera rimanemmo a Milano invece che tornare a Roma.
L’albergo
era uno di quelli convenzionati con la nostra compagnia; centro città,
elegante, sicuramente l’albergo più bello in cui fossimo entrate fino ad
allora.
Con
un misto di eccitazione e disagio, per il favore concessoci, ci presentammo
alla reception: ci aspettavano e molto gentilmente ci diedero le chiavi delle
nostre camere.
…Camere?!…Due
camere?!... Ma erano proprio sicuri che fossero state prenotate due camere?
Monica
ed io eravamo molto perplesse…non potevamo credere che oltre il piacere di
farci pernottare fuori, ci avessero anche accordato il lusso di camere
separate. Eravamo sicure ci fosse stato un errore e nell’indecisione
telefonammo al nostro capo settore.
Adesso
mi viene da sorridere pensando a quanto fossimo ingenue e certamente sorrise il
nostro superiore che, prendendoci un po’ in giro, rispose:
“Da noi, Signorine,
le cose si fanno in grande o non si fanno affatto!”
E
non è finita qui…prendemmo l’ascensore tutte contente, arrivammo davanti alle
reciproche camere, ci demmo la buonanotte e due secondi dopo essere entrate
riuscimmo in corridoio esclamando:
“Hai visto che sul televisore c’è il nostro
nome con l’augurio di benvenuto dell’albergo?!” Avevamo una camera
personalizzata!
Quanti
ne avrei visti di quei Benvenuto in seguito, ma allora tutto mi sembrava nuovo
e sorprendente!
Tornando
ora alla nostra sistemazione ordinaria, devo ricordare che quello era l’anno
del Giubileo ed il pensiero e le attenzioni delle nostre suorine erano tutti
rivolti alla cura dei devoti pellegrini.
Furono tempi duri: dovevamo lottare perché non
ci presentassero nel piatto gli avanzi del giorno prima, debitamente mascherati,
ma ancora riconoscibili all’occhio esperto!
Persino
una suora straniera, ospite del convento, si lasciò sfuggire una sera il seguente
commento:
“Se questa è carità cristiana…!”
Non
tutto il male viene per nuocere e nella serenità del convento riuscimmo a
rimanere concentrate sullo studio,
superando con successo l’esame finale e conseguendo il brevetto di Assistenti
di volo presso il Ministero dei Trasporti.
Quella
sera trasgredimmo alle severe regole del convento e festeggiammo tutti insieme
l’inizio di una nuova avventura!
Naturalmente
Monica ed io dovemmo trovare una nuova sistemazione. Ora che avevamo un vero
contratto necessitavamo di una vera casa.
La
ricerca era iniziata già qualche tempo addietro ma con scarsi risultati. Ogni giorno acquistavamo riviste di annunci e,
cartina di Roma alla mano, vagliavamo tutte le possibili locazioni.
Dovevamo
cercare qualcosa di sufficientemente grande per due, ma non troppo costoso
perché non sapevamo ancora quanto avremmo potuto guadagnare; doveva essere una
casa lungo la linea che collega Roma all’aeroporto perché non avevamo la
macchina e allo stesso tempo un posto sicuro perché, tornando da sole, non
volevamo incorrere in qualche pericolo; dovevamo vincere la diffidenza delle
persone perché, strano a dirsi, in una città come Roma, c’è ancora posto per i
pregiudizi.
Infine
dovevamo trovare qualcosa di dignitoso perché quello che veniva offerto, e
credo che molti ragazzi possano testimoniarlo, erano abitazioni squallide e
vecchie, per nulla ospitali anche in vista di una breve permanenza…a meno di
non spendere uno sproposito di affitto.
Avevamo
un po’ perso le speranze quando una collega ci parlò di una Signora che l’aveva
aiutata a trovare casa nella zona di
Ostia.
Non
era quello che sognavamo…ci sarebbe piaciuto rimanere in centro, ma prese alle
strette chiedemmo il suo aiuto.
In
effetti questa Signora ci mostrò una bella casa, abbastanza grande, vicina alla
fermata dell’autobus per Fiumicino e vicina alla via principale di Ostia. Vista
e presa, organizzammo il trasferimento
stabilendone la data. Eravamo soddisfatte.
Proprio
quel giorno, una volta caricate le valigie sulla macchina, ci colpì un fulmine
a ciel sereno: la nostra casa non era
più disponibile e la Signora
ci aveva arrangiato una nuova sistemazione.
Ci
portò in una casa al pian terreno, in una zona ben diversa dalla precedente.
Camera da letto, salottino, cucinotto e minuscolo bagno, senza riscaldamento né
lavabiancheria, un odore di umido spaventoso e un aspetto per nulla edificante.
Che
delusione! Che rabbia! Ma cosa potevamo fare? Ormai eravamo lì con tutta la
nostra roba e due giorni dopo avremmo cominciato a lavorare. Non ci rimaneva
che trattare sul prezzo e farci comprare due stufe per riscaldare l’ambiente…su
quello non si transigeva!
Scoprimmo
nel tempo che la casa aveva tubature molto vecchie, bisognose di
continue iniezioni di liquidi sturanti e che, essendo al piano terra, non eravamo
le uniche ospiti della casa, ma ricevevamo visite, quanto mai dispiacenti,
da quel piccolo popolo di insetti neri chiamati scarafaggi!
Ogni
volta che partivamo spargevamo polvere in ogni fessura, ogni angolo e quando
rientravamo, contavamo i caduti. Sempre troppi per i nostri gusti!
Qualcuno
dice che gli scarafaggi si muovono solo nel buio…e noi avevamo preso a dormire
con la luce accesa finché una sera, mentre eravamo tranquille alla televisione,
ce ne vedemmo passare uno proprio sotto il naso!
Monica
poi mi aveva raccontato di certi scarafaggi volanti che avevano cominciato ad
infestare anche i miei sogni!
Che
periodo…eppure, nonostante tutto, lo ricordo con piacere.
Ricordo
i nostri tentativi di abbellire quel nido disadorno: cuscini colorati, copri
divano (che se non rammento male era semplicemente una brandina), poster alle
pareti, candele profumate e le nostre serate semplici davanti al programma di
Bonolis “Ciao Darwin”, che ci ha allietato tanti sabato sera. Non conoscevamo nessuno
per cui, a parte le passeggiate diurne alla scoperta di Roma, la nostra vita
sociale era limitatissima.
Eravamo io e lei, due ragazze che stavano
imparando a conoscersi ed accettare le proprie diversità, diventando amiche e facendosi molta compagnia.
Monica
ha sempre detto che il nostro era l’incontro fra una sfera ed un cubo (lei) e
che non c’erano abbastanza cuscinetti per poterlo bilanciare. Come non darle
torto!
Lei è precisissima nelle sue cose, metodica e organizzatrice. Io vivo giorno per
giorno, senza schemi.
Il
primo Natale passato insieme abbiamo persino litigato per l’addobbo dell’albero, rischiando di non
averlo affatto! Ma come tutte le vere amiche, poi ci siamo venute incontro e lo
spirito natalizio si è fatto posto nel nostro salotto.
Io
rientravo dal lavoro il 24 Dicembre, lei partiva proprio quel giorno ma mi
lasciò tutto apparecchiato con un bel biglietto di auguri così che mi sentissi
un po’ meno sola anche se lontana dai miei cari. Un pensiero molto affettuoso e
molto apprezzato…
Per
fortuna non tutte le case dove abbiamo vissuto da stagionali sono state della
stessa risma, ma appena mi e’ stato possibile, ho cominciato a lavorare facendo
la pendolare da casa mia, in Toscana, con maggior fatica, certamente, ma anche
con maggior soddisfazione.


:o)
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